I protagonisti del Premio Estense Intervista a Massimo Franco, vincitore del 36° Granzotto

 

 

INTERVISTA A MASSIMO FRANCO vincitore del 36° “Riconoscimento Gianni Granzotto. Uno stile nell’informazione”

Massimo Franco, notista politico e inviato speciale del Corriere della Sera, è il vincitore della 36esima edizione del premio “Gianni Granzotto. Uno stile nell’informazione”. L’anno scorso il riconoscimento è andato a Lucia Annunziata. Il premio viene conferito a chi, nel campo dell’informazione, si è saputo distinguere “per correttezza, impegno e personalità, destando l’attenzione di vasti settori dell’opinione pubblica nazionale”.

Enunciarlo è semplice, metterlo in pratica un po’ meno. Come si mantiene fede al principio di una scrittura giornalistica fatta di correttezza, impegno e personalità?

“Temo di non sommare queste tre doti. C’è di certo l’impegno, che è anche impegno alla correttezza. Sul resto lascio il giudizio agli altri. Credo che il tentativo debba essere sempre quello di non accontentarsi della verità del momento, anche se in qualche modo siamo costretti ad assecondarla per ragioni di tempo. Ma soprattutto bisogna non ritenersi soddisfatti quando una verità somiglia troppo a quella che ci è gradita, e non a una realtà sgradita. In quel caso, approfondire, cercare di capire, mettere in discussione i nostri orientamenti è ancora più necessario per non prendere abbagli e per non fare un cattivo servizio ai lettori”.

 ‘Il commento è libero. Ma i fatti sono sacri’: questa citazione di Charles Prestwich Scott le piace particolarmente. Rimanendo vincolati alla cronaca della pandemia degli ultimi mesi, quanto giudica applicata in Italia questa regola aurea del giornalismo anglosassone?

“Sì, è una frase che mi piace, sebbene indichi un ideale di giornalismo che è quasi impossibile riflettere nella realtà del lavoro quotidiano. Tendenzialmente, per me significa offrire ai lettori tutti gli elementi per farsi un’idea il più possibile obbiettiva di quanto succede. E poi lasciare a chi legge la libertà di giudicarla secondo le proprie inclinazioni culturali, i propri desideri, perfino i propri pregiudizi. Ma dai fatti non si può prescindere. Per questo è così importante la credibilità di un giornale e della sua redazione: i lettori debbono sapere che quanto si scrive è frutto di un duro lavoro di ricerca, e che dietro questa ricerca non c’è nessuno e niente se non la voglia di fornire notizie e commenti affidabili. La pandemia ci ha confermato quanto sia un esercizio difficile, perfino da parte di scienziati e virologi”.

 Infodemia e Coronavirus, qual è la seconda ondata che Massimo Franco teme di più?

“Temo di più l’infodemia, anche perché non è mai finita, e anzi continua ad avvelenare l’informazione. La moderazione e la credibilità quando si forniscono notizie e analisi, soprattutto via social, non sembrano un problema che preoccupi più di tanto. A questo si aggiunga che il mondo dell’informazione digitale è una sorta di giungla, nella quale leggi, diritti, regole sono ancora tutte da definire e stabilizzare”.

Digital first: anche il giornalismo non può rimanere insensibile all’accelerazione digitale. Sul lato dell’offerta, a settembre, assisteremo al lancio di un nuovo quotidiano nazionale, il Domani, che proprio sul contenuto digitale promette battaglia e innovazione. E sul lato della domanda? Che cosa dovrebbe pretendere il lettore da giornali e giornalisti?

“La domanda digitale sarà sempre più decisiva per il futuro dei giornali: se non altro per la velocità con la quale avviene la trasmissione delle notizie. I lettori cartacei sono spesso anziani, i giovani si informano attraverso internet, e dunque è su queste piattaforme digitali che si gioca il futuro. Lo dico pur ritenendomi un dinosauro, nel senso che le mie competenze informatiche sono limitate e puramente strumentali: non sono settato per questo tipo di lavoro. Eppure, sono convinto che per vincere i giornali debbano inserire in questi strumenti una cultura dell’analisi, della ricerca e della profondità che non riduca i contenuti digitali a quei tweet così usati e abusati dal potere: un metodo che impedisce la comprensione vera di quanto succede, consuma i fatti in pochi minuti, e nevrotizza l’informazione, facendola scadere a battuta e cultura della rissa. Il lettore deve pretendere affidabilità, imparzialità e acume analitico. Altrimenti, si creerà sempre più una minoranza di persone super informate attraverso canali privilegiati, e un immenso proletariato digitale al quale andranno notizie poco accurate, magari copiate malamente da qualche sito. E con rischi di manipolazione dell’opinione pubblica di cui si intravedono già i prodromi. Il rischio di internet è di creare comunità autoreferenziali, radicalizzate, e incapaci di ascoltare opinioni e convinzioni differenti dalle proprie. Un giornale serio deve sfuggire a questi pericoli, e anzi additarli ed evitarli dando l’esempio”.

Intervista di Generoso Verrusio

 

Guarda anche lo speciale Ferrara Focus dedicato a Massimo Franco e Guido Gentili (Presidente di giuria)

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